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Parole la mattina - "Dove ci siamo persi" interviene Sergio Zavoli

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Articolo in: - Arte e Cultura   - Associazioni  

Saronno

Associazione Paolo Maruti Onlus 18/06/2011

Parole la mattina - "Dove ci siamo persi" interviene Sergio Zavoli Associazione Paolo Maruti Onlus

Incontro all'Auditorium Aldo Moro di Saronno
Sergio Zavoli, nato a Ravenna nel 1923 (anche se la sua città di adozione è Rimini, della quale è anche cittadino onorario), è al suo quarto volume di poesie.
Autore radiofonico e televisivo tra i più innovatori (vincitore di due Prix Italia), maestro incontrastato dell'inchiesta televisiva è stato presidente della RAI ed è senatore della Repubblica (al terzo mandato: prima Ds, poi Ulivo, poi Pd).

 

Domenica 19 giugno 2011 alle ore 11.00
presso l'Auditorium Aldo Moro di Saronno

“Dove ci siamo persi”
Forse dovrà essere la poesia a raccontare il reale: la società in cui viviamo si sta come liquefacendo, non sa più dove va, ha perso il senso della memoria, vive in un presente di autoreferenzialità parossistica.
Una specie di torre di Babele dove ognuno difende il suo metro di presente alla ricerca spasmodica di visibilità a pagamento.
Ma è reale tutto ciò?
Non parlano più le cose: le parole bieche dei cosiddetti “palazzi” e i vaniloqui televisivi sono la verità quotidiana. A sospingere la barca una sorta d’impunità che ha oltrepassato la decenza.
Per investigare il presente ci resta la poesia, la necessità della parola. La parola poetica, ovviamente: per leggere e forse dare speranza a questa stagione di sopraffazione ed emarginazione. Sarà bello e necessario ci ha detto un grande poeta appassionato compagno di “Parole la mattina”


Poesia: il lato sconosciuto di Sergio Zavoli
Sergio Zavoli, nato a Ravenna nel 1923 (anche se la sua città di adozione è Rimini, della quale è anche cittadino onorario), è al suo quarto volume di poesie.
Autore radiofonico e televisivo tra i più innovatori (vincitore di due Prix Italia), maestro incontrastato dell'inchiesta televisiva è stato presidente della RAI ed è senatore della Repubblica (al terzo mandato: prima Ds, poi Ulivo, poi Pd).
Ha pubblicato vari libri e le raccolte di poesie Un cauto guardare (1995, Premio Alfonso Gatto), In parole strette (2000), L'orlo delle cose (2004).


La parte in ombra
Zavoli poeta in La parte in ombra partendo dall’osservazione di se stesso esamina la società civile (e incivile) della nostra epoca, piena di contraddizioni e di tragicità, e la interroga. interpella il proprio esistere, tra rimembranza e sogno, muovendosi in un campo ormai gremito di affetti, personaggi, luoghi, eventi legati a tempi diversi, ma tutti uniti sulla mobile scena del suo testo. Ecco dunque che la parola interrogandosi si impone all’attenzione del lettore. La parola del poeta Zavoli è tutta racchiusa nella sua necessità ed è una parola poetica lucente ed espressiva, densa di realtà, di ombra, è una parola poetica saggia e pacata, che si libera per un urgente bisogno di testimoniare il qui e ora.

VERSI CIVILI
Tra i nostri orrori umani nessuno
più ricorda le grida della tribù,
gli uomini si uccidono in battaglia
e le donne, di notte, rubano i resti nudi
dei guerrieri, chissà quali amici o nemici.
Li stendono su tappeti di brace e ritornano
in festa dai bambini e dai vecchi
dicendo “ecco la caccia, mangiatene, saziatevi”.
E’ in pezzi la parola, le somiglia soltanto
l’ascolto ammutolito che le diamo.

VERSI D’EPOCA
Vedo che una farfalla dove passa
lascia un’ombra per terra,
eppure le ali bianche attraversano il vento
e nulla di quel volo sembra pesi
nell’aria, ripetendo sotto di se la forma
trasparente del viaggio.
Chissà se apparteniamo all’ombra
o al chiaro, e se nel doppio andare
siamo gli stessi, oppure chi è l’intruso,
se più l’animo o il corpo,
magari sconosciuti l’uno all’altro,
chissà chi era il pinnacolo
e chi il vento.

Da: La parte in ombra, di Sergio Zavoli,
(Mondadori, 2009)

 

 

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E poi le seduzioni adescanti dell'adolescenza, negli scenari marini così cari al poeta; la dolce figura della figlia, le immagini del padre e della madre risalite dalle trasparenze del ricordo; il riapparire da un remoto Novecento della figura di Mario Luzi in uno storico caffè fiorentino e l'emergere di altre presenze, come Eugenio Montale o Federico Fellini. Accanto a tutto questo, la continua attenzione alla realtà civile e incivile della nostra epoca, con i suoi anche tragici emblemi.
Si tratta di una parola che esce dalla sua esperienza umana senza traccia alcuna d'enfasi o di letterario compiacimento. È una parola di sostanza, reale, che vive avendo accanto la sua ombra, da cui si libera per un profondo, morale bisogno di testimonianza. Ed è per questo che la sua energia poetica è grande, ed è per questo che la sua voce, così rivelatrice, ci persuade e coinvolge lungo la «lucentezza espressiva e stilistica» annunciataci da Carlo Bo fin dalla sua presentazione della prima silloge.

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