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2 Giugno 2013 - discorso del Sindaco Luciano Porro

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Articolo in: - Comunicati  

Saronno

Comune di Saronno 03/06/2013

2 Giugno 2013 - discorso del Sindaco Luciano Porro Comune di Saronno
Autorità civili, militari, cittadini saronnesi tutti, in particolare carissimi ragazzi delle nostre scuole, in questa 67ª ricorrenza del 2 giugno, infatti fu il 2 giugno 1946 che si tenne il Referendum che chiamò il popolo italiano ad esprimersi tra monarchia e repubblica, ho pensato di riprendere il "Discorso sulla Costituzione" di Piero Calamandrei, giornalista, giurista, politico, scrittore, poeta, docente universitario, nato e morto a Firenze 1889-1956, perché lo ritengo di una attualità assoluta, straordinaria, piena di lucidità e speranza.
 

Fu pronunciato da Piero Calamandrei nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria il 26 gennaio 1955 in occasione dell’inaugurazione di un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana organizzato da un gruppo di studenti universitari e medi per illustrare in modo accessibile a tutti i principi morali e giuridici che stanno a fondamento della nostra vita associativa. Personalmente ritengo che, tra i tanti e gravi problemi che sta vivendo il nostro Paese, quelli più rilevanti siano il lavoro, che manca, e la formazione, l’istruzione, indispensabili per dare speranza di futuro ai nostri bambini e ai nostri giovani, e il senso di appartenenza al nostro Paese, dunque il rispetto per la democrazia e per le istituzioni. Ecco allora che dal discorso di Calamandrei vorrei stralciare soprattutto alcune parti che fanno riferimento proprio a questi elementi.
Diceva Calamandrei citando l’art. 34 della nostra Costituzione: ” I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.
E se non hanno i mezzi? Allora nella nostra costituzione c’è un articolo che è il più importante di tutta la costituzione, il più impegnativo che dice così: ”E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

E’ compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana: quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare una scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’art. primo- “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro “- corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società.

E allora voi capite da questo che la nostra costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiere. Però, vedete, la costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. ….” Questo diceva Calamandrei, tutti noi capiamo come queste sue parole pronunciate nel lontano 1955 siano ancora vive e attualissime!

E aggiungeva: “E’ così bello, è così comodo: la libertà c’è. Si vive in regime di libertà, ci sono altre cose da fare che interessarsi alla politica. E lo so anch’io! Il mondo è così bello, ci sono tante cose belle da vedere, da godere, oltre che occuparsi di politica. La politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai,” diceva Calamandrei, e continuava “e vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica.
La costituzione, vedete, è l’affermazione scritta in questi articoli, che dal punto di vista letterario non sono belli, ma è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune, che se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento. E’ la carta della propria libertà, la carta per ciascuno di noi della propria dignità di uomo.

Io mi ricordo le prime elezioni dopo la caduta del fascismo, il 2 giugno 1946, questo popolo che da venticinque anni non aveva goduto le libertà civili e politiche, la prima volta che andò a votare dopo un periodo di orrori- il caos, la guerra civile, le lotte le guerre, gli incendi. Ricordo queste file di gente disciplinata davanti alle sezioni, disciplinata e lieta perché avevano la sensazione di aver ritrovato la propria dignità, questo dare il voto, questo portare la propria opinione per contribuire a creare questa opinione della comunità, questo essere padroni di noi, del proprio paese, del nostro paese, della nostra patria, della nostra terra, disporre noi delle nostre sorti, delle sorti del nostro paese.
Quindi, voi giovani alla costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto- questa è una delle gioie della vita- rendersi conto che ognuno di noi nel mondo non è solo, che siamo in più, che siamo parte di un tutto, nei limiti dell’Italia e nel mondo.

Ora vedete in questa costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato. Tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie son tutti sfociati in questi articoli.

Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro a ogni articolo di questa costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, questo è un testamento, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra costituzione”.

Davvero parole illuminanti che credo debbano entrare in ciascuno di noi e nelle nostre azioni quotidiane, nel nostro impegno e nelle nostre fatiche, perché possa proseguire e non venir mai meno la speranza per il futuro, un futuro di pace, di giustizia, di lavoro, di istruzione, di democrazia, di fratellanza, solidarietà e coesione sociale, di Repubblica.
Viva la Repubblica, viva l’Italia

Luciano Porro
Sindaco di Saronno

 

 

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